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"Il ghetto continuň a bruciare molto a lungo, ma non si sentivano piů gli spari. Proprio allora, lŕ accanto al muro, per la prima volta nella vita mi sentii veramente ebrea. E capii che ormai per sempre, fino alla morte, sarei rimasta insieme ai carbonizzati, ai morti soffocati, ai gassati nei rifugi, a coloro che avevano combattuto ed erano morti perché non potevano non morire, a coloro il cui destino non avevo condiviso". Le memorie di Alina Margolis-Edelman (1922-2008) sono uniche nella grazia della loro semplicitŕ. La sua testimonianza di bambina e di adolescente, scritta cinquant'anni dopo, ci porta da Lódz, sua cittŕ natale, a Varsavia dentro e fuori le mura del ghetto, e ci parla del tragico eroismo quotidiano di uomini e donne destinati alla piů crudele delle morti e che lei salva cosě dall'oblio. Dopo la guerra, Alina si č laureata in medicina, ha sposato Marek Edelman, il leggendario vicecomandante dell'insurrezione del ghetto di Varsavia, e come pediatra si č dedicata per tutta la vita ai bambini piů disagiati.